Come dovrebbe essere una società ebraica moderna? Quale, al suo interno, il ruolo della famiglia, della religione, della legge? Sono solo alcune delle domande poste al centro dell’inedito immaginario utopico ebraico che sorse negli ultimi decenni dell’Ottocento. Nel presentare per la prima volta al lettore italiano queste fonti, la ricerca si focalizza sull’uso strumentale che il sionismo fece del «sognare Sion», al fine di disarticolarlo e ricostruire con un approccio storiografico scevro da entusiasmi ideologici un nuovo perimetro entro cui questi «visionari» diedero voce alle loro speranze di emancipazione.
Il volume mira così a ridare spazio alle «speranze d’altro genere», per dirla con Yerushalmi, che germogliarono nella diaspora ebraica e che non offrirono solo il materiale per confezionare un progetto politico o un inno nazionale. «Sognare Sion» illumina dunque quella no man’s land, in cui l’anelito utopico tentò di ridefinire un nuovo orizzonte per la speranza ebraica in epoca contemporanea, trattenendola da una sua immediata traduzione politico-messianica, per presentarla invece come una modalità con la quale ripensare la vita collettiva ebraica al di fuori del ghetto.